Il Paese dei vecchi come Giulia

19.07.2024

Giulia è una settantanovenne napoletana neolaureata in Sociologia, che ha dovuto lasciare la scuola a quattordici anni per sostenere la famiglia lavorando, ma sempre mantenendo la curiosità, la fiducia, il gusto per tutto ciò che era bello e poteva aiutarla a dimenticare la bruttezza del contesto in cui viveva nella Napoli devastata del dopoguerra. Ma poi è arrivato il boom e gli stili di vita sono migliorati da Nord a Sud, e ora al posto della ragazzina smilza c'è un'energica e vitalissima signora fresca dottoressa in Sociologia.

Ma quello che mi interessa è il suo atteggiamento verso la vita: non un atteggiamento immobile, attaccato alle sue piccole certezze, che vede nelle sfide dell'attualità solo una minaccia al suo benessere e reagisce con la paura, la chiusura e il pessimismo, ma l'anziano curioso, consapevole del poco tempo che ha davanti e deciso a renderlo più ricco e pieno cogliendo tutte le opportunità che offre il presente.

È un pezzo che siamo un Paese di vecchi, e lo saremo ancora di più quando invecchieremo noi baby-boomers, mentre i giovani, anche i pochi che lavorano e potrebbero farsi una famiglia, risponderanno con il gesto dell'ombrello agli inviti a riprodursi. Non c'entrano solo i servizi che non ci sono, avere figli in Italia significa avere meno soldi e meno tempo, fare meno carriera, uscire e viaggiare meno, trasformare anche i weekend in una ridda stressante di impegni, rinunciare insomma a un sacco di cose belle della vita.

Le madri fanno una fatica bestiale dalla mattina alla sera, i padri, se fanno veramente i padri, pure, e non saranno un pugno di asili, un bonus bebè o una campagna strampalata e offensiva a invertire la tendenza. Nemmeno se i trenta-quarantenni si mettessero a figliare come conigli si potrebbe mettere insieme in tempo utile un esercito di contribuenti sufficiente per mantenere milioni di baby-boomers. Ma anziché lamentarsi del numero record di vecchi in Italia rispetto all'Europa, volere gli immigrati solo perché sono "carne da pensione", e vagheggiare impossibili esplosioni demografiche, perché non lavorare sul materiale che abbiamo (i vecchi) e noi, che presto lo saremo? Perché non lottare per conquistare un altro primato europeo, quello del Paese con i vecchi più attivi, produttivi, istruiti e desiderosi di migliorare la propria istruzione, il Paese dei vecchi come Giulia?

Rassegniamoci, il sistema previdenziale non regge e con quattro decenni di lavoro non sarà più possibile comprarsi un paio di decenni di riposo e tempo libero, tanto vale cominciare a vedere in questo cambiamento non una condanna ma un'opportunità che può rappresentare una ricchezza per il Paese. Le persone come Giulia sono il nostro oro grigio, carburante prezioso e sottostimato. Ne abbiamo immensi giacimenti, sepolti sotto la pigrizia mentale e i pregiudizi.