Una cattiva ragazza

Viviamo in un'epoca in cui tutto deve essere catalogato, inquadrato, etichettato. Le persone, le idee, le passioni: tutto deve rientrare in una definizione precisa, possibilmente divisa tra destra e sinistra. Ma ci sono figure che sfuggono a queste gabbie, che vivono e pensano oltre le categorie imposte. Oriana Fallaci era una di queste.
Per anni considerata una voce progressista, in linea con la sinistra per il suo impegno civile, il suo femminismo viscerale, la sua denuncia della violenza e delle ingiustizie, Fallaci ha poi scardinato il pregiudizio di chi voleva incasellarla. Dopo l'11 settembre 2001, con La rabbia e l'orgoglio, il suo sdegno e il suo grido di dolore furono interpretati come un tradimento da chi l'aveva sempre vista in un certo modo. Da eretica della sinistra, venne subito additata come icona della destra. Ma la verità è che Oriana Fallaci non apparteneva a nessun colore politico, a nessuna fazione.
Leggere i suoi libri senza preconcetti significa comprendere una cosa fondamentale: la sua unica bandiera era la libertà. Libertà di pensare, di indignarsi, di combattere. Non era una militante ma una ribelle. Non era una conservatrice ma una visionaria. Non seguiva dogmi né schieramenti, seguiva solo la sua coscienza e la sua verità, pagandone il prezzo con l'isolamento e la critica feroce.
Contestata per le sue dichiarazioni controverse e provocatorie – tanto da essere definita «una cattiva ragazza» – oggi è più viva che mai attraverso il bagaglio di parole e moniti di una prorompente attualità.
È senza alcun dubbio la giornalista e scrittrice italiana più temeraria e passionale del ventesimo secolo. Dalla storia contemporanea rimbalzano le interviste ai potenti della Terra, tra cui l'ayatollah Khomeini, leader della rivoluzione iraniana, al cospetto del quale, in un improvviso gesto d'indipendenza identitaria, si tolse il chador impostole prima di accordare l'intervista; l'ayatollah, nel vederla a capo scoperto, si alzò con violenza e se ne andò.
Le donne sono protagoniste in molti suoi libri, primo tra tutti Il sesso inutile, un reportage in cui racconta le storie incredibili di spose bambine, geishe, matriarche, donne in carriera, madri, figlie e schiave. Nel libro Se nascerai donna realizza un viaggio attraverso le battaglie personali e sociali delle figure iconiche nei mondi del cinema, della moda e della politica. Fa rivivere da punti di vista diversi le conquiste delle donne dal dopoguerra agli anni Settanta: dalla minigonna ai tentativi di uscire dagli stereotipi, dalla difficoltà nel fare carriera alle leggi sul divorzio e sull'aborto.
In quest'epoca di caselle e incasellati non è facile assegnarle una collocazione partitica precisa. Nonostante i suoi trascorsi da partigiana socialista, la sinistra la ripudiò dopo Storia di un'italiana, in cui scrisse che «the caviar left» non è più un partito politico bensì una moda, una convenzione: un centro di potere che fa stare a galla. Come darle torto? In fondo anche Gianni Cuperlo usò espressioni analoghe: «A noi del Pd ci votano solo i ricchi».